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Rotta balcanica, quando i media alimentano i pregiudizio. Intervista all’operatrice Caritas Ruzica Markovic

Pisa 2 gennaio 2022 (da Storie, voci e volti dalla Rotta Balcanica, Caritas Italiana) Intervista a Ruzica Markovic, operatrice nei progetti Caritas

Chi sei, come è iniziato il tuo lavoro con i migranti e come ti ha cambiata?

Mi chiamo Ruzica, ho 25 anni e sono laureata in psicologia all’Università di Sarajevo. Mi sono trasferita qualche anno fa dal mio paese natale, Orašje nel nord-est della Bosnia Erzegovina, a Sarajevo per iniziare i miei studi. Nel frattempo, ho avuto modo di conoscere la realtà del Centro Arcidiocesano della Pastorale Giovanile “Giovanni Paolo II”, di cui sono diventata attiva volontaria. L’anno scorso il Centro della Pastorale Giovanile mi ha offerto la possibilità di essere assunta come operatrice nel progetto “Social Corner”, supportato da Caritas, presso il Centro di Accoglienza Temporaneo per migranti a Usivak, poco fuori Sarajevo. Non sarò mai abbastanza grata per questa opportunità. Per certi versi, questa esperienza mi ha cambiato. Mi ha dato la possibilità di ampliare le mie conoscenze sulla migrazione e mi ha fatto conoscere le diverse prospettive di questo fenomeno.

Questo lavoro è la mia prima esperienza di contatto diretto con i migranti. La forza e la pazienza che hanno le persone in movimento è qualcosa che mi ha colpito profondamente. Questa è la prima lezione che mi hanno insegnato: non smettere mai di sorridere e sperare.
Stando a stretto contatto con queste persone ho imparato a stare in ascolto, a consigliare, a seconda della situazione. In questo anno di lavoro ho imparato e ricordato a me stessa le cose importanti della vita: un sorriso può rendere felice qualcuno; essere pazienti anche se si è stanchi; se qualcuno in bisogno ti chiede di essere presente, fai del tuo meglio per esserci. A volte non devi dire nulla, solo essere lì ad ascoltare.

E l’insegnamento più importante, “sotto il viso più stanco c’è lo spirito più forte”. Una volta, un ragazzo travolto dalla stanchezza mi disse: “Ora è difficile ma so che posso farcela. Perché se non è un lieto fine significa che non è affatto la fine”. E io credo davvero in questo. Insieme a tutte le persone in movimento.

Come è cambiata la tua percezione sulla migrazione da quando hai iniziato a lavorare al campo profughi?
La mia percezione è notevolmente cambiata. Prima di iniziare a lavorare al campo profughi di Usivak, conoscevo solo il tragitto delle persone “on the move” attraverso i media. Invece, da quando ho iniziato a lavorare al campo, ho potuto ascoltare dal vivo tantissime storie sui loro percorsi e sulle difficoltà che incontrano.

Mi ero sempre chiesta perché i migranti arrivassero proprio qui in Bosnia Erzegovina e perché non se ne andassero da questo paese dal momento che per loro è molto difficile costruirsi un futuro qui. Ora conosco le ragioni, so cosa stanno passando e spero che in futuro riescano ad arrivare nei paesi dove sognano di vivere. Credo davvero che meritino di avere una vita felice in cui possano mostrare quanto valgono e le loro capacità.

Sebbene la Bosnia Erzegovina sia solo un paese di transito per la maggior parte dei migranti, il nostro compito è quello di assisterli finché sono qui, perché una volta attraversato il confine hanno ancora davanti a sé una strada lunga e difficile.

Come pensi che il tuo paese percepisca i migranti e perché?

Penso che la maggior parte delle persone nel mio paese abbia una percezione negativa dei migranti e che non ci sia sufficiente e adeguata informazione.

Ritengo che la responsabilità sia principalmente dei media – televisioni, giornali, social network – che aumentano il pregiudizio nei confronti dei migranti tramite la diffusione di notizie prevalentemente negative su di essi.

Per la mia tesi di laurea ho scelto di sviluppare una ricerca specifica su quale percezione dei migranti abbiano i cittadini della Bosnia Erzegovina, e quali tipi di notizie vengano pubblicate dalle pagine dei quotidiani più popolari. Dall’analisi, è possibile notare come le notizie positive sui migranti, ovvero che sottolineano un contributo positivo alla società (ad esempio: “un migrante ha vinto una medaglia nello sport sotto la bandiera della Bosnia Erzegovina’’) sono limitate. Al contrario, la maggior parte delle notizie affronta l’argomento in toni negativi.

Capisco e condivido la libertà di stampa, so che le notizie debbano essere di ogni tipo, ma i media devono comprendere che hanno un impatto molto forte sulle persone, arrivando ad influenzare le loro opinioni. E’ dunque pericoloso che i media filtrino le notizie solo in base a ciò che fa più visualizzazioni.

La percezione dei migranti nella maggior parte dei cittadini della Bosnia Erzegovina è che siano un gruppo a noi “esterno”, la cui cultura ci è sconosciuta, per cui le persone li vedono come una minaccia – sia in termini di numero di ingressi nel paese, sia in termini di onere economico per un paese che non è in buone condizioni. La parte che non capisco è giudicare senza nemmeno cercare di conoscere queste persone bisognose. Anche noi eravamo in guerra, eravamo nel bisogno, spogliati di tutto, ma siamo stati aiutati.

Ci sono ovviamente anche molte persone nel mio paese che aiutano i migranti, portano loro cibo, vestiti e altre necessità, se non direttamente, attraverso varie organizzazioni, sia nazionali che non. La voce di queste persone dovrebbe sforzarsi di essere più forte rispetto alla narrativa contro i migranti. Questa è la nostra missione.

La Bosnia Erzegovina, nuova tappa della Rotta Balcanica

La Rotta Balcanica – aperta nel 2015- ha subito nel corso degli anni notevoli mutamenti, in particolare a seguito delle politiche di chiusura totale, da parte del governo ungherese, che hanno di fatto bloccato il passaggio dalla Serbia all’Ungheria. A causa di ció, dal 2018 la Bosnia Erzegovina è diventata il nuovo punto di transito fondamentale di questa rotta per poter arrivare in Europa passando attraverso la Croazia. La Bosnia Erzegovina tre anni fa è stata quindi costretta ad improvvisare l’apertura di Campi di accoglienza per rispondere alla crisi umanitaria. Ad oggi, i campi aperti sono 5 – di cui 2 nell’area di Sarajevo (Usivak e Blazuj) e 3 nell’area di Bihac (Borici, Miral e Lipa) – per complessivi 5.500 posti letto.

L’impegno di Caritas Italiana nel corso di quest’anno

Caritas Italiana è già presente in Bosnia Erzegovina fin dagli anni Novanta a fianco della Caritas e della Chiesa locale. A partire dal 2018, si è impegnata nella risposta alle nuove sfide poste dalla questione migratoria, cercando di essere presente a fianco delle persone in transito e sostenendo gli interventi di assistenza – sia nei campi della Bosnia Erzegovina, sia assistendo le persone in transito che rimangono fuori dai campi. Nel corso di quest’anno Caritas italiana in Bosnia Erzegovina ha supportato vari interventi e servizi nel paese, proposti dalla Caritas locale e dalle altre organizzazioni partner, quali: interventi psico-sociali nei campi di Usivak, Blazuj, Sedra e Lipa; lavanderie sociali a Usivak e a Tuzla; centro diurno e casa di accoglienza a Tuzla; distribuzione di cibo e altri articoli nell’area di Sarajevo e di Bihac.

 

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Rotta Balcanica, come aiutare e il rendiconto finanziario degli interventi di Caritas Italiana