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Papa Francesco, don Primo e don Lorenzo. Il ritratto di don Antonio Cecconi nel giorno della visita a Bozzolo e Barbiana

Pisa, 20 giugno 2017 – Il Papa venuto dalla periferia del mondo va a Bozzolo e a Barbiana, sulla tomba di don Primo Mazzolari e poi su quella di don Lorenzo Milani, due preti davvero periferici rispetto alla grande Chiesa ma vicini al Vangelo e ai poveri, entrambi condannati per i loro scritti e più ancora per il loro modo di intendere e praticare il loro ministero, dalla parte della gente e tenacemente schierati per la causa della giustizia e della pace. Due preti da riscoprire, imitare e attualizzare: voglio leggere così il messaggio sotto traccia di Francesco ai preti italiani.

Il giovane don Mazzolari è interventista, va cappellano nella grande guerra ma è profondamente scosso dalla morte sul Sabotino del fratello Giuseppe. Anche in virtù dell’esperienza diretta della disumanità della guerra e degli apparati militari, inizia un cammino che lo porterà al rifiuto della “logica militare, che è prepotenza”. In età matura, negli anni della guerra fredda, risponderà ad alcuni giovani cattolici che lo interrogano sulla liceità, per il cristiano, del servizio militare armato pubblicando “Tu non uccidere”.

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Scrittore e predicatore brillante e profondo, assiduo lettore di teologi e scrittori stranieri (soprattutto i francesi Peguy, Bernanos, Mounier), antifascista in quanto schierato per la dignità e al libertà dell’uomo e avverso all’idolatria del potere, della violenza e della menzogna, don Primo fu accusato di sostenere la resistenza e dare copertura ai partigiani. Lui lasciò credere di aver riparato altrove e visse un periodo di clandestinità nel campanile dalla sua chiesa.

Il Sant’Uffizio gli impose il silenzio, con il ritiro di alcuni libri, il divieto di pubblicarne altri e di predicare al di fuori della sua parrocchia. Alcuni titoli della sue opere attestano una fedeltà al Vangelo che scandalizzava prelati e benpensanti: come “Il compagno Cristo” al tempo della scomunica ai comunisti, o “La più bella avventura” che lo vedeva decisamente schierato dalla parte del “figliol prodigo”. Celebre una sua omelia del Venerdì santo, in cui al centro della riflessione era il dramma di “Mio fratello Giuda”.

Ridotto al silenzio non rinunciò a scrivere sotto pseudonimo sul periodico “Adesso”, da lui fondato e diretto. Oppure a trasmettere la sue convinzioni teologiche e spirituali e la sua sensibilità pastorale in veste di narratore, in particolare con l’intenso romanzo “La pieve sull’argine”.

Fu precursore del Concilio Vaticano II: durante le persecuzioni razziali, modificò la preghiera del venerdì santo “per i perfidi giudei” in “per i tribolati giudei”. Le sue Messe nella grande chiesa di Bozzolo, paesone rurale della bassa padana, parlavano la lingua della gente: in estate la festa del grano e in autunno quella dell’uva esaltavano il lavoro dei contadini grazie al quale Gesù si rende presente nel pane e nel vino. Incurante delle rubriche, anticipò quello che poi tutti i parroci avrebbero fatto: staccare l’altare dalla parete e celebrare rivolto alla gente. La sua riabilitazione iniziò quando Montini, Arcivescovo di Milano, lo volle in città tra i predicatori delle missioni al popolo. Morì prima dell’inizio del Concilio, ma ebbe la gioia di essere ricevuto in udienza da papa Giovanni.

Un particolare poco noto: alcune sue opere, nei primi anni ’40, furono edite a Pisa dalla casa editrice “Il crivello”, collegata alla Libreria salesiana di via dei Mille e diretta dal prete pisano don Telio Taddei, anche lui scrittore e giornalista.

Non pochi e significativi sono i punti di contatto tra Mazzolari e Milani, che papa Francesco accomuna nella sua visita. Per profonda consonanza spirituale e pastorale, fu Mazzolari (che era nato nel 1890, don Milani nascerà nel 1923) a pubblicare su Adesso alcuni scritti del giovane prete fiorentino: la lettera a Franco, un giovane disoccupato (Perdonaci tutti: comunisti, indistriali e preti) e una riflessione sul Natale 1950 “Per loro non c’era posto”, denuncia circostanziata del dramma della mancanza di case e dell’esaltazione acritica della proprietà privata. Don Lorenzo, figlio di un’agiata famiglia con ville al mare e in campagna e molti poderi a mezzadria, sente come un peso l’esser ricco di beni e di cultura. Tutta la sua vita di prete sarà davvero coerente con questo motto: “Fa’ strada ai poveri senza farti strada”.

Sia Mazzolari che Milani sono e si sentono parroci,e quindi scrivono sulla parrocchia: il parroco di Bozzolo pubblica “Lettera sulla parrocchia”. Invito alla discussione, inizialmente uscita come opera di “un laico di Azione Cattolica”; don Milani (nel frattempo “promosso” parroco di Barbiana) dà alle stampe le “Esperienze pastorali”, delle quale il Sant’Uffizio impone il ritiro dal commercio. Quasi 500 pagine per raccontare gli anni vissuti da vice-parroco a San Donato di Calenzano, dove fonda la scuola popolare per dare ai giovani operai e contadini la consapevolezza della loro dignità di cittadini, dei loro diritti e doveri. Per don Lorenzo è parte integrante della sua missione dare al povero la parola, gli strumenti per capire il senso della sua vita e del mondo, le condizioni effettive di povertà e di sfruttamento. Solo a partire di lì sarà possibile annunciare il Vangelo per un autentico cammino di liberazione. C’è in “Esperienze pastorali”, nel capitolo dedicato alle feste e alle processioni, una semplice documentazione fotografica (poca gente in processione e tanta a vederla passare) che evidenzia i due diversi atteggiamenti del vecchio parroco e del suo vicario. Il primo dice al Signore: “Perdonali perché non sono qui con te”. Il secondo (don Lorenzo): “Perdonaci, perché non siamo là con loro”.

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Non siamo molto distanti dall’impostazione pastorale di papa Francesco: la Chiesa in uscita, disposta a rischiare e a sporcarsi per stare in mezzo alla gente. Non è casuale che Francesco abbia fatto riferimento più volte a questo prete fiorentino, a cominciare da un discorso rivolto alle scuole cattoliche.

Papa Bergoglio, che tra le molte cose ha fatto anche l’insegnante, nel recente videomessaggio inviato alla Fiera del libro di Milano ha ricordato “con particolare affetto la sua “Lettera a una professoressa”, scritta insieme ai suoi ragazzi della scuola di Barbiana… Come educatore e insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali…”. Senza tacere “qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza”.

Proprio il riferimento all’obiezione di coscienza, per difendere la quale don Milani subì un processo per apologia di reato (assolto in primo grado, condannato in appello poco tempo dopo la sua morte), offre lo spunto per sottolineare un altro significativo legame con don Mazzolari: il tema della pace. C’è profonda sintonia di toni e soprattutto di contenuti tra il “Tu non uccidere” del prete lombardo e le due lettere scritte a don Milani in occasione del processo e pubblicate nel testo “L’obbedienza non è più una virtù”: la “Lettera ai cappellani militari in congedo” e la “Lettera ai giudici”. In risposta ai cappellani che accusano di viltà gli obiettori di coscienza al servizio militare (allora puniti con il carcere), don Lorenzo passa in rassegna tutte le guerre combattute dall’Italia dal 1860 in poi dimostrandone l’inutilità e/o l’immoralità, fino a dichiarare giusta soltanto la guerra partigiana e ad affermare, quasi a conclusione del testo: “Aspettate a insultarli (gli obiettori). Domani forse scoprirete che sono dei profeti” e poco più avanti: “Davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni tra il bene e il male, fra la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima”.

Nella lettera ai giudici, inviata perché don Milani – per l’aggravarsi del tumore di cui morì a 43 anni – non era in grado di presentarsi al tribunale, l’argomento dell’immoralità e dell’inefficacia della guerra viene svolto in maniera più estesa e approfondita, e il lavoro documenta anche il coinvolgimento nella riflessione dei ragazzi della scuola di Barbiana. L’argomento è trattato sotto il duplice ruolo che egli, coerentemente con la sua missione, ricopre: il maestro e il prete. La storia, la morale cattolica, l’analisi del presente e gli allarmi degli scienziati portano a un’unica conclusione: “non esiste più una guerra giusta, né per la Chiesa né per la Costituzione… Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e maestri d’ogni religione e d’ogni scuola insegneranno come me… Se non potremo salvare l’umanità ci salveremo almeno l’anima”.

Papa Francesco, dopo aver sostato nella chiesa di Bozzolo davanti alla tomba di don Primo, scenderà nel piccolo cimitero sotto la chiesa di Barbiana, dove don Lorenzo volle esser sepolto. Ai suoi ragazzi che aveva amato come figli e come figli lo assistettero fino in fondo, aveva scritto: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto sul suo conto”.

monsignor Antonio Cecconi (pubblicato su profilo Facebook dell’autore)