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Beni confiscati alla mafia: “Perché non si è speso accanto a noi?” La lettera aperta di Libera al Sindaco di Pisa sull’edicola rimossa

Pisa, sabato 11 gennaio 2020 – La lettera del coordinamento provinciale di Libera inviata al sindaco Michele Conti. Il documento è stato divulgato in occasione del presidio di sabato 11 gennaio convocato proprio in Borgo Stretto, a Pisa, lì dove, fino a pochi giorni fa, si trovava l’edicola confiscata alla mafia e rimossa dall’amministrazione comunale.

Egregio Sindaco,

Le scrivo questa lettera aperta dopo aver letto le Sue dichiarazioni pubblicate nel comunicato diramato agli organi di informazione. Per mia formazione sono abituato a dare molta importanza alle parole e a soppesarne la scelta da parte dell’interlocutore. Ritengo mio dovere replicare pacatamente, ma in maniera puntuale, ad alcune Sue affermazioni, a tutela della verità e dell’impegno dell’Associazione che rappresento e nella convinzione che il dibattito pubblico che si è aperto in questi giorni sul tema meriti chiarezza e non letture o narrazioni fuorvianti. Cercherò quindi di essere schematico, rifacendomi ai virgolettati.

Lei dice “Per mesi ho aspettato una proposta concreta di rilancio del progetto antimafia”. Teniamo a sottolineare come la gestione dei beni confiscati vada considerata una grande opportunità: i beni confiscati diventano beni comuni, patrimonio di una comunità. Invece spesso sembra che la gestione dei beni confiscati alle mafie sia una grana da risolvere. Un problema la cui soluzione va delegata ad altri, se proprio lo vogliono fare. Non una opportunità per creare nuovi servizi per la comunità, per mostrare alla collettività che la lotta alle mafie paga non solo in termini etici e di giustizia, ma anche in termini di riscatto sociale. Altrimenti sarebbe stato meglio che nel 1995 Libera non avesse raccolto quel milione e mezzo di firme che il 7 marzo del 1996 portarono il Parlamento italiano a votare all’unanimità la legge 109, con la quale si dichiara una cosa semplice ma dirompente: i beni confiscati ai mafiosi, tornano alla collettività per restituirle il maltolto e renderla più ricca. Eppure, in tutta Italia ci sono migliaia di immobili confiscati a boss della mafia, che sono diventati scuole dove una scuola non c’era, sono diventati asili dove un asilo mancava; sono diventati abitazioni popolari per chi una casa non l’aveva, sono diventati caserme dei Carabinieri dove mancava un presidio dello Stato; sono diventati Centri di accoglienza, Comunità di recupero, Case famiglia, ambulatori medici… Eppure in Italia centinaia di giovani lavorano in cooperative agricole sui terreni confiscati e mettono in moto un nuovo modello di sviluppo per quei territori. Grazie alle nostre firme, grazie a questa legge e grazie a tante persone ed Amministrazioni che ne hanno sfruttato le potenzialità. In questi mesi la Sua Amministrazione cosa ha fatto? Perché non si è spesa accanto a noi per proseguire quel percorso progettuale di cui ci eravamo fatti promotori e di cui avevamo iniziato a discutere? Perché non ci ha più convocato per presentarci ad es. le idee elaborate dal Comune per un efficace e duraturo impegno di forte rilevanza sociale, da attuare nel bene confiscato (vecchia o nuova che fosse la sua collocazione)? A Pisa come a Palermo, il “problema” della gestione e della valorizzazione, simbolica e concreta, di un bene confiscato è prima di tutto appannaggio di chi governa il territorio in cui il bene ricade; non è compito di Libera o di chi per lei. Noi siamo tutti volontari, nessuno di noi ha un tornaconto personale, o un altro fine se non quello di mettere a servizio della nostra comunità la sensibilità al tema della presenza mafiosa, la capacità di aggregare persone ed associazioni, la volontà di progettare; vorrei che questo concetto fosse ben chiaro a tutti. Non abbiamo pretese in merito alla gestione, l’unica nostra pretesa è che non si sprechi questa opportunità di ricordare a tutti che le mafie sono arrivate anche a Pisa, hanno investito e riciclato nel settore economico, ma in casi come questo sono state sconfitte dallo Stato e ciò che prima era segno di una illecita ricchezza oggi è proprietà di tutti i cittadini e per i cittadini deve generare servizi.

L’Edicola confiscata non era di Libera. Dal 2014 al 2018 la Cooperativa Axis aveva esercitato la propria attività di impresa nel pieno adempimento della legge, in forza di un contratto registrato e stipulato con l’Agenzia nazionale dei beni confiscati, alla quale ha peraltro versato un canone mensile di affitto del ramo d’azienda. Immediatamente dopo la cessazione dell’attività avvenuta nel marzo 2018, già ad aprile 2018 Libera aveva presentato e protocollato in Comune un progetto di riutilizzo sociale, come contributo di idee messo a disposizione della Giunta uscente e della nuova Giunta che da lì a pochi mesi si sarebbe insediata in Comune. Nelle interlocuzioni del giugno scorso Libera (in quanto soggetto che ha nel proprio DNA la promozione del riutilizzo sociale dei beni confiscati) si era fatta portavoce con il Sindaco di ulteriori proposte, recepite dall’ascolto dei cittadini, delle scuole e dell’Università; ma in ogni caso spetta al Comune indire un bando pubblico per l’assegnazione della gestione del bene, aperto a potenziali soggetti gestori capaci di portare una progettualità innovativa. Tale iter è quello seguito da molte amministrazioni in Toscana ed ha portato a risultati eccellenti che Libera ha documentato e promosso. Purtroppo, ciò non è avvenuto nel caso dell’Edicola. Non può quindi essere addossata a Libera una mancanza di volontà (o di idee di riutilizzo) dell’Amministrazione. Auspichiamo comunque che all’incontro verranno trovate positive soluzioni a tale problema. Lei si attende “un progetto di lunga durata che finalmente porti la cultura della legalità e dell’antimafia nelle scuole, fra la gente”. Finalmente? Come se finora non fosse stato fatto niente? Al di là dell’Edicola di Borgo Stretto, da oltre 20 anni la nostra Associazione porta avanti in città e in provincia percorsi formativi nelle scuole di ogni ordine e grado. Potremmo mostrarle i numeri degli interventi effettuati ogni anno e riportati nel Bilancio sociale che Libera Toscana pubblica annualmente. Potremmo dirle quante centinaia di nostri ragazzi hanno fatto esperienze di formazione estiva sui terreni confiscati alle mafie. In 6 anni, tra il 2014 ed il 2019, dall’Edicola sono passate centinaia di studenti (dai bambini delle elementari agli adulti del Master APC); fino al 2018 molti clienti dell’edicola venivano anche da altri quartieri pur di sostenere l’esperienza di inserimento lavorativo delle persone che la gestivano. Quel semplice chiosco è stato lo strumento per parlare con tutti della presenza delle mafie in Toscana, della necessità di proteggere la nostra regione e la nostra città, attraverso un impegno comune di cittadini, istituzioni, e realtà economiche del territorio. I “ragazzi di Libera” (a Pisa come in ogni altra città) non sono solo studenti; sono operai ed imprenditori, sono insegnanti, sono impiegati, sono sacerdoti, sono professionisti e commercianti, sono giornalisti e sindacalisti… che provano a coltivare il seme di una società affrancata dal giogo mafioso. Sono semplicemente cittadini che nel loro lavoro e tra la gente cercano di stimolare la società e le istituzioni a costruire gli anticorpi necessari a difendere l’integrità del nostro territorio. Lei afferma: “Se era un simbolo, era senza dubbio diventato un simbolo negativo, di negligenza, trascuratezza e sciatteria“. Proprio per le opportunità concrete di formazione e di informazione che la presenza dell’Edicola ha consentito di cogliere, è doloroso sentirla associare a concetti di negligenza, trascuratezza, degrado, offesa al decoro di una città. Anche dalle foto più recenti ripubblicate in questi giorni sui giornali, non traspare così apertamente tutto questo senso di degrado. Comunque sia, certamente non è Libera ad essere responsabile di questa percezione: noi abbiamo fatto il possibile per mantenere un bene non nostro un luogo vivo e partecipato. Lei sostiene che “non bastava, per migliorarla o riabilitarla, una visita di don Ciotti e qualche cartello in italiano e in inglese né riempirla di lettere di bambini portati lì una volta sola”. Gli elaborati posti nelle teche dell’Edicola negli ultimi mesi non erano un semplice abbellimento estetico, erano il frutto di un lavoro duraturo nelle classi, con il pieno coinvolgimento delle insegnanti, al termine del quale i bambini ed i ragazzi più grandi si erano anche prodotti in uno sforzo progettuale, avanzando le loro proposte per un riutilizzo sociale del bene confiscato: da un distributore di acqua pubblica, ad una biblioteca per il “book crossing”, fino ad un infopoint, magari gestito da studenti del liceo artistico in percorsi di alternanza scuola-lavoro per offrire delle visite guidate gratuite della città ed una guida sulla presenza dei beni confiscati in Toscana. Questo, giusto per chiarire a beneficio di tutti alcuni aspetti per noi importanti. Avremo modo di parlarne a voce, con l’auspicio di poter riprendere e concretizzare un percorso condiviso.

Nell’attesa, le porgo un cordiale saluto

Fabrizio Tognoni Referente provinciale di Libera

Nella foto: un momento del presidio, gli scout segnano il perimetro dell’edicola rimossa con alcune candele