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Crisi e occupazione, ”Con lo sblocco progressivo dei licenziamenti, i timori si spostano sul lavoro dipendente”. Paolo Martinelli (Acli Pisa) su la Nazione.

Il presidente delle Acli pisane, Paolo Martinelli, lancia l’allarme: «I più a rischio: ambulanti, lavoratori al nero, e ora anche i dipendenti»
Pisa, 22 settembre 2o21 (La Nazione Pisa, Antonia Casini) – Il profilo è in continuo cambiamento. Dai lavoratori al nero a quelli dipendenti. Il rischio povertà è ormai (quasi) trasversale. Lo racconta il presidente delle Acli pisane Paolo Martinelli. 
Quali sono i dati che avete per il territorio?
«Da inizio 2021 ad oggi, dai nostri uffici sono state presentate oltre 2100 richieste di Reddito di emergenza (per nucleo familiare), 689 di Reddito di cittadinanza e circa 90 di indennità Covid stagionali e autonomi. Sono così emerse sacche di povertà sino ad oggi rimaste escluse da reti di protezione informale venute meno con l’emergenza Covid: precedentemente non si conoscevano».
Quindi come è cambiato il quadro con la pandemia?
«Le telefonate ricevute sono in pratica triplicate».
Il contenuto?
«I nostri operatori, per quanto riguarda il servizio di assistenza al lavoro di cura delle famiglie mediante incrocio domanda/offerta per colf e badanti, hanno espresso comprensibili timori rispetto al rischio di contagio verso gli anziani assistiti, così come maggiori difficoltà nel reperimento delle lavoratrici a causa delle restrizioni relative agli spostamenti da e verso i paesi di provenienza».
E sul fronte dello sportello lavoro?«
La percezione è quella di un aumento dei casi di richiesta di assistenza per il recupero crediti da lavoro a fronte di un incremento del numero dei fallimenti aziendali, così come un azzeramento dei benefit aziendali in buste paga, mentre si prolungano i tempi delle casse integrazioni che non permettono un rientro celere in azienda da parte dei lavoratori»
Chi è più a rischio, ora?
«Oltre ai lavoratori non tutelati, in un primo momento i lavoratori autonomi sono stati maggiormente colpiti dalla crisi. Oggi, con lo sblocco progressivo dei licenziamenti, il timore si sposta sul lavoro dipendente».
Tra le tante storie raccolte quali vi hanno colpito di più?
«Gli operatori hanno svolto colloqui con persone riconducibili al ceto medio, come titolari di piccoli esercizi commerciali che a fronte della chiusura dell’attività e alla perdita del lavoro mai avrebbero immaginato di trovarsi costretti a fare richiesta del Reddito di cittadinanza. Numerose poi le storie dei cosiddetti “invisibili”, coloro che, venute meno le reti lavorative informali di sostegno con il prolungarsi della situazione di stagnazione, sono ricorsi al Rem come unica opportunità di accesso ad un reddito sicuro come alcuni venditori ambulanti».
Gli strumenti usati per aiutare le persone in difficoltà?
«Abbiamo cercato di continuare a garantire regolarmente i nostri servizi ordinari in un periodo molto complesso. Inoltre all’interno del progetto del Punto Famiglia Acli è stato attivato il servizio di assistenza gratuita alla compilazione delle domande per l’accesso alle prestazioni di welfare locale: iscrizione alle graduatorie per le case popolari, richieste bonus idrico e utenze, bonus donna, bonus taxi…».
E sul fronte psicologico?
«Nel periodo delle chiusure più dure abbiamo attivato Telefon’Acli per il contrasto alla solitudine degli anziani e piccoli interventi di sostegno alla spesa attraverso l’attivazione di circoli soprattutto della provincia».
Quali gli strumenti per andare avanti?
«Ai nostri sportelli abbiamo toccato drammaticamente con mano la differenza tra chi è inserito in un contesto lavorativo tutelato e chi è costretto a vivere di un lavoro precario, nero e non tutelato: per questo è indispensabile che i fondi per il rilancio individuino un piano di investimenti nella formazione professionale che permetta di riqualificare le persone in modo strategico. Ora, spetta a tutti noi stringere quanto prima nuovamente quelle maglie allentate di socialità a cui la pandemia ci ha costretto: ciascuno per la sua parte».