“Non posso prestare il servizio militare, non posso fare del male. Sono cristiano”. Gli atti del martirio di San Massimiliano di Tebessa

Gli Acta Maximiliani raccontano il rifiuto del coscritto Massimiliano, figlio del temonarius (funzionario del fisco) Fabio Vittore e di Pompeiana, di prestare il servizio militare. L’episodio avviene il 12 marzo 295 nel foro di Tebessa, presso Cartagine, nell’Africa Proconsolare, l’attuale Tunisia. I personaggi nominati danno l’idea di una vera e propria udienza giudiziaria. Innanzitutto abbiamo Pompeiano, giureconsulto militare, che presenta al proconsole le persone che si sono costituite; poi il proconsole Dione Cassio, governatore della provincia senatoria dell’Africa; abbiamo poi Fabio Vittore, padre di Massimiliano, e Valerio Quinziano, funzionario imperiale. Ai ripetuti ordini di sottostare alle operazioni di reclutamento, Massimiliano oppone il proprio rifiuto in nome della fede cristiana con un forte richiamo alla libertà di coscienza personale, anche quando gli fanno notare che altri cristiani hanno indossato la divisa.

Sull’autenticità della Passio S. Maximiliani e dell’episodio non esiste più alcun dubbio tra gli studiosi. Il testo, che qui riportiamo, è contenuto in varie pubblicazioni e studi, tra i quali segnaliamo:

– A. Palini, Testimoni della coscienza, Ed. Ave, Roma 2005, pp. 83-103

– P. Siniscalco, Massimiliano: un obiettore di coscienza del tardo impero, Paravia, Torino 1974

– E. Pucciarelli (a cura di), I cristiani e il servizio militare. Testimonianze dei primi tre secoli, Nardini, Firenze 1987, pp. 291-297

– R. Cacitti, Massimiliano, un obiettore di coscienza del tardo impero, in “Humanitas” n. 6 (1980), pp. 828-841

 

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«Sotto il consolato di Tusco e Anulio, il 12 marzo dell’anno 295 d.C., a Tebessa, fu fatto comparire nel foro Fabio Vittore assieme a Massimiliano; l’avvocato Pompeiano, autorizzato a parlare, disse: “Fabio Vittore, esattore del temo, è introdotto con Valeriano Quinziano, preposto imperiale, con il coscritto abile al servizio Massimiliano, figlio di Vittore; poiché è arruolabile, chiedo sia passato allo statimetro”. Il proconsole Dione domandò: “Come ti chiami ?”. Massimiliano rispose: “Perché vuoi sapere il mio nome ? A me non è lecito prestare il servizio militare, dato che sono Cristiano”. Il proconsole Dione disse: “Accostatelo (all’asta di misurazione)”. Mentre veniva preparato (per essere misurato), Massimiliano affermò: “Non posso prestare il servizio militare; non posso far del male. Sono Cristiano”. Il proconsole Dione ordinò: “Sia misurato.” Avvenuta la misurazione, fu data lettura da parte dell’incaricato: “Misura cinque piedi e dieci once (m 1,73)”. Dione disse all’incaricato: “Riceva la piastrina di riconoscimento”. Massimiliano, facendo resistenza, si oppose: “Non lo faccio, non posso prestare il servizio militare”.

Dione disse: “Fa il militare se non vuoi morire”. Massimiliano rispose: “Non faccio il soldato. Tagliami pure la testa, io non faccio il soldato per questo mondo, ma servo il mio Dio”.

Il proconsole Dione riprese: “Chi ti ha messo queste idee nella testa ?”. Massimiliano rispose: “La mia coscienza e colui che mi ha chiamato”. Dione si rivolse a suo padre Vittore: “Consiglia tuo figlio”. Vittore rispose: “Lui sa da sé con la propria coscienza, che cosa deve fare”. Dione a Massimiliano: “Fa il servizio militare e prendi la piastrina di riconoscimento”. Massimiliano rispose: “Non accetto la piastrina. Ho già il segno del cristo mio Dio”. Dione riprese: “Ti mando subito dal tuo Cristo”. Massimiliano rispose: “Vorrei soltanto che tu lo facessi. Questo sarebbe anche la mia gloria!”. Dione si rivolse all’incaricato: “Gli sia messa la piastrina di riconoscimento”. Opponendosi Massimiliano disse: “Non accetto il segno di riconoscimento del mondo; se me lo apporrai, lo spezzerò, poiché non ha nessun valore. Io sono Cristiano, non mi è lecito tenere al collo una piastrina di piombo, dopo il segno di salvezza del mio Signore Gesù Cristo Figlio del Dio vivente, che tu non conosci, che ha sofferto per la nostra salvezza, che Dio consegnò come prezzo per i nostri peccati. Tutti noi Cristiani serviamo lui, seguiamo lui, principe della vita, garante della salvezza”. Dione disse: “Fa il soldato e prendi la piastrina, sa non vuoi morire”. Massimiliano rispose: “Io non muoio. Il mio nome è già presso il mio Signore. Non posso fare il soldato”. Dione disse: “Pensa alla tua giovinezza e fa’ il soldato: perché questo si conviene ad un giovane”. Massimiliano rispose: “Il mio servizio è per il mio Signore. Non posso servire al mondo come soldato. L’ho già detto, sono cristiano”.

Riprese il proconsole Dione: “Nella guardia d’onore dei nostri Imperatori Diocleziano e Massimiano, Costanzo e Massimo (Galerio), vi sono soldati Cristiani e fanno il soldato”. Massimiliano rispose: “Essi sanno che cosa convenga loro. Tuttavia io sono Cristiano e non posso fare del male”. Dione disse: “Quelli che prestano il servizio militare, che male fanno?”. Massimiliano rispose: “Tu lo sai di sicuro che cosa fanno”. Il proconsole rispose: “Fa’ il soldato, per non finir male col tuo disprezzo del servizio militare”. Massimiliano concluse: “Io non morirò; ma se uscirò dal mondo, la mia anima vivrà con Cristo mio Signore”.

Dione disse: “Cancella il suo nome”. Dopo che venne cancellato, Dione continuò: “Poiché rifiutasti il servizio militare con spirito di indisciplina, ricevi la condanna che ne consegue, come esempio per gli altri”. Quindi dalla tavoletta lesse il decreto: “È stato deciso di punire con la decapitazione Massimiliano, perché con spirito di indisciplina ha rifiutato il giuramento militare”. Massimiliano disse: “Rendo grazie a Dio”. La sua vita terrena fu di vent’un anni, tre mesi e diciotto giorni. E mentre veniva condotto al luogo del supplizio, disse così: “Amatissimi fratelli, con tutte le vostre forze e con entusiasmo pieno di desiderio affrettatevi ad ottenere di vedere il Signore e meritare anche voi l’attribuzione di questa corona”.

Poi col volto radioso, disse così a suo padre: “Da’ al carnefice la mia veste nuova, che mi avevi preparato per il servizio militare. Così ti accoglierò con la schiera dei santi, e così possiamo essere glorificati insieme col Signore”. Subito dopo fu sottoposto al martirio.

La matrona Pompeiana ne ottenne dal magistrato il corpo e postolo nella sua lettiga lo trasportò a Cartagine; lo seppellì in una collina presso il Palazzo, vicino al martire Cipriano: dopo tredici giorni morì anche la matrona, e venne deposta nello stesso luogo.

Vittore, padre di Massimiliano, tornò a casa pieno di gioia, ringraziando Dio perché egli aveva mandato innanzi un tale dono al Signore, lui che era pronto a raggiungerlo in seguito. Siano rese grazie a Dio. Amen».